Questo signore è Troy Lee Hudson, responsabile ingegneristico dell’esperimento HP3, deposto sulla superficie marziana dalla missione Insight della NASA. Realizzato dall’agenzia spaziale tedesca DLR, HP3 è una specie di termometro planetario, con una sonda progettata per auto-affondarsi nella sabbia marziana fino a 5 metri, ma qualcosa è andato storto fin da subito.

Con un modello a grandezza reale di HP3, Hudson spiega come inizialmente la cosiddetta talpa sia affondata bene nel terreno per qualche decina di centimetri, per poi inclinarsi, smettendo di fare progressi nello scavo, con una decina di centimetri di sonda ancora all’interno del cilindro contenitore.

Forse la talpa ha incontrato una grossa pietra, ma i tecnici della NASA sono più propensi a credere che il problema risieda nella composizione del suolo, che non offre una frizione sufficiente affinché la talpa possa affondare.

Si è così deciso di tentare un’operazione rischiosa ma, a questo punto, necessaria per salvare questa parte della missione. Innanzitutto occorre avere una visione chiara della sonda, spostando il contenitore con il braccio robotico di cui è dotata Insight.

Un’ operazione da effettuarsi a piccoli passi, curando di non estrarre la talpa dal suolo, che altrimenti non si riuscirebbe più a reinserirla. Una volta ottenuta una fotografia migliore della situazione, l’idea generale è quella di servirsi della piccola pala in cima al braccio robotico per compattare un po’ il terreno attorno alla sonda, sperando che questo fornisca quel po’ di attrito necessario a riprendere lo scavo.

È la prima volta che viene tentata un’operazione del genere, che, naturalmente, non potrà essere fatta in tempo reale, vista la distanza che ci separa da Marte, ma i tecnici dovranno pre-programmare accuratamente tutti i comandi e attendere il feed-back dalla sonda.

Servizio di Stefano Parisini, Media Inaf
Crediti video e testi: Nasa/Jpl-Caltech

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